La mia dimensione di cura

Infermiere Territoriale: una scelta audace

Mi ricordo quando intrapresi la via delle cure territoriali, era il 2015 e molti colleghi guardavano al mondo ospedaliero come l’unica modalità di presa in carico di un malato. Io però avevo voglia di mettere alla prova non solo le mie capacità cliniche ma anche quelle “imprenditoriali”. Decisi si aprire la partita iva e di diventare un infermiera territoriale.

Nel frattempo l’infermieristica di famiglia si è ampliata. Oltre ad esserci un percorso di formazione specifico attivato presso molte realtà universitarie, sono aumentati anche i professionisti che si rivolgono ad una platea di persone malate, che fino a poco tempo fa affidavano le proprie cure infermieristiche a praticoni improvvisati.

Attività di un infermiere territoriale

Molti si chiederanno cosa mai potrà fare un infermiere sul territorio. In effetti le aree in cui possiamo intervenire sono molteplici: al di là delle “prestazioni tecniche” che eroghiamo (come ad esempio somministrazioni parenterali di farmaci, prelievi del sangue, medicazioni, etc.), ci sono molti momenti dedicati all’educazione sanitaria, alla prevenzione e promozione della salute, e alla presa in carico dell’ammalato e della famiglia.

Si tratta di un lavoro dalle mille sfaccettature, non solo per le molteplici attività che si svolgono durante la giornata ma anche per il fatto che si incontrano realtà complesse e diverse tra loro, alle quali è necessario sapersi adattare, rinforzando gli aspetti positivi e supportando le famiglie laddove ci sia la necessità.

Lezioni di vita

Insomma in quattro anni di “territorio” non mi sono mai annoiata. Ho perso il conto delle famiglie e delle realtà che ho seguito, chissà forse più di un migliaio.

Ho imparato a conoscere le strade di Torino, come fossero parole di un libro che so a memoria, ma che cambia e ogni giorno scopro significati nuovi. La mia punto blu notte, compagna fedele, mi ha portato a scoprire mondi e stelle lontani eppure così vicini. 

Lo smartphone e Google calendar sono quasi un prolungamento del mio cervello, senza i quali forse non mi ricorderei neanche dove andare.

Ho imparato che nulla è così importante e tutto lo è in fondo, anche i particolari sono di vitale importanza, il pianto può essere liberatorio e un sorriso può nascondere mille sofferenze.

Mi sono appassionata a strani casi clinici, ho curato ferite complesse, ho riso e ho pianto, mi sono commossa e mi sono arrabbiata.

Ho preso vene impossibili da incannulare e ho sbagliato vene facilissime, ho dato consigli su come gestire la quotidianità con malattie croniche e ho preso in mano situazioni acute.

Ho sempre dato il massimo, e anche quando ho supportato le famiglie nel fine vita di un loro caro, cercando di essere un supporto non solo clinico ma anche emotivo, penso di aver ricevuto più di quello che ho dato. Curare gli altri mi ha insegnato soprattutto a prendermi cura di me!

Amo il mio lavoro, non tanto perchè mi fa sentire utile, ma per il fatto che mi dà la possibilità di imparare ogni giorno qualcosa di nuovo, guardando dallo spioncino mondi molto diversi dal mio ma non per questo meno affascinanti e dolorosamente belli.

2 commenti

  • Giovanna

    Capisco benissimo il tuo prezioso lavoro, che è anche il mio. Lavoro in ospedale ma si sa che chi è un ‘ infermiere non lo è soltanto sul posto di lavoro. Lo è sempre e per sempre. Le domande, i dubbi, le richieste di aiuto e consiglio. Da parte di conoscenti e sconosciuti, si è grati alle conoscenze, alla prontezza di reazione, a quando si riesce ad essere d’aiuto agli altri. Sei stata brava e coraggiosa ad intraprendere un tipo di lavoro “in autonomia “. In tutti i sensi. Buon lavoro.

    • wp_5914104

      Grazie di cuore Giovanna, il confronto con altre esperienze trovo sia uno degli aspetti più importanti della nostra professione. Un caro saluto

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